Black Lives Matter: l’uccisione di George Perry Floyd a Minneapolis, Minnesota, lo scorso 25 maggio 2020 ha generato un’ondata di cambiamento a livello globale.
L’impatto di questo omicidio non si è limitato alle manifestazioni nelle piazze, agli hashtag e alle campagne sui social, ma ha investito diversi settori.
Facciamo un passo indietro. #BlackLivesMatter non nasce oggi, bensì nel 2013. Come raccontato sul sito ufficiale (www.blacklivesmatter.com), è un’organizzazione fondata nel 2013 in risposta all’assoluzione dell’assassino di Trayvon Martin, la cui missione è combattere e contrastare gli atti di violenza nei confronti delle comunità nere.
Gli ultimi avvenimenti hanno ridato voce a scala mondiale a questo tema, toccando anche il mondo dell’arte, della moda e dell’advertising.
Come sta rispondendo la comunicazione?
Molti brand hanno espresso la loro posizione. A partire dalla condivisione sui social, in particolare instagram, di immagini a sfondo nero con l’hashtag #BlackLivesMatter fino al cambiamento nella strategia comunicativa a sostegno della protesta.
Esempio eclatante è la decisione della squadra di football americano di Washington, i Redskins, di sostituire il nome e il logo originario.
Così come i Redskins, diversi marchi americani hanno deciso di cambiare.
Il brand Land O’Lakes ha pensionato una testimonial scomoda con quasi 100 anni di servizio alle spalle. La donna nativa americana che offriva il burro è stata rimossa.
Ma i testimonial maggiormente controversi a cui vale la pena di fare riferimento sono nati tra la Guerra Civile americana e il Civil Right Act.
Aunt Jemima, lo stereotipo della governante di colore, Rastus lo chef del brand di cereali Cream of Wheat, rappresentazione stereotipata più longeva dello Zio Tom, e Uncle Ben, il contadino nero texano conosciuto come Zio Ben.Questi tre brand hanno utilizzato figure afroamericane completamente caricaturali e stereotipate.
Anche il colosso Nike si muove, non per la prima volta, in difesa dei neri con una campagna ad hoc. Uno spot semplicissimo condiviso sui canali YouTube, Twitter e Facebook ufficiali del brand nel quale il noto «Do It» si trasforma e diventa «For once, don’t do it».
E le agenzie pubblicitarie?
Le agenzie pubblicitarie sono state in qualche modo costrette a mettere a nudo le loro policy riguardo la diversità, l’inclusione e le minoranze. E là dove non era ancora stato fatto, è arrivato il momento di un ripensamento generale delle linee comunicative perchè siano più sensibili al tema.
Le prime a muoversi verso il cambiamento sono state le agenzie inglesi che hanno invitato, attraverso una lettera aperta, ad aprire gli occhi sul problema del razzismo e ad affrontarlo. La lettera è stata seguita da una Call for Change firmata da migliaia di professionisti della pubblicità nera per definire in 12 passi un programma rivolto al cambiamento.
E così le più grandi agenzie pubblicitarie del mondo si sono messe in moto.
Studia il passato se vuoi prevedere il futuro. – Confucio
Sarà banale ma il passato non va cancellato, rivisto o nascosto sotto il tappeto. Dalla storia possiamo solo imparare. Ad una condizione: conoscere ciò che è stato e le sue ragioni.
Alla fine la pubblicità è anche cultura, quella in cui nasce e quella che crea.