Reverse Marketing: quando screditarsi crea successo

Da Clio MakeUp a Patagonia, passando per Takis: perché fare Reverse Marketing si rivela essere una mossa vincente per i brand?

Reverse Marketing: cos’è?

Con Reverse Marketing – in italiano “Marketing inverso, al contrario”, si fa riferimento a quell’insieme di strategie comunicative che ribaltano il tradizionale approccio verso il consumatore, sfidando le logiche e le dinamiche delle classiche strategie di advertising.

Infatti, se il marketing tradizionale tende ad inseguire il cliente per invitarlo ad eseguire una determinata azione a favore del marchio, del prodotto o del servizio di turno, il Reverse Marketing si basa su un concetto diverso: portare il consumatore verso la tua attività in modo spontaneo.

In poche parole, non si pone l’obiettivo di convincere qualcuno a comprare qualcosa, bensì di creare interesse e suscitare curiosità in modo anti convenzionaleCome?

Spesso posizionandosi in modo insolito contro il proprio brandcon un tono di voce critico e polemico nei confronti dei propri prodotti. E questa mossa cattura l’attenzione di chi è dall’altro lato, intenzionato a voler capire il perché di una comunicazione così paradossale.

Questo è ciò che ha fatto recentemente Clio MakeUp, con un video pubblicato sui suoi profili social, TikTok e Instagram, e che l’ha portata al raggiungimento di ottimi risultati in poche ore, proprio grazie al suo modo di comunicare insolito e decisamente creativo.

Clio Make Up: “I prodotti che mi pento di aver creato!”

Copyright: marketing-espresso

Lo scorso 24 ottobre, sui canali social di Clio MakeUp appare un video apparentemente dispregiativo ed autocriticoin cui lei stessa menziona i prodotti del brand che si “pente di aver creato”.

Frase decisamente forte e stupefacente per chi scorre la homepage, i ‘per te’, di TikTok e si ritrova la famosissima Clio a parlar male dei suoi stessi prodotti beauty.

Si tratta di un classico esempio di reverse marketingE questa strategia affascina l’utente, che continua la visualizzazione del video spinto dalla curiosità e dallo stupore.

Per tutta la durata del video la comunicazione, Clio appare polemica, come se si trattasse di lamentele, critiche e feedback negativi.

Ma in realtà, lo scopo è presentare i vantaggi e i punto di forza dei prodotti del suo brand. Parla dei paciocchi, ad esempio, chiedendosi:

“Perché li ho fatti?”

Poi, con lo stesso tono polemico, ne mette in risalto i pregi.

“Ogni volta che li metto, sembra quasi che abbia dormito per 10 ore, che abbia la pelle di una ventenne. Non va bene.”

In questo modo, Clio sceglie di presentare le caratteristiche vincenti di ciò che vende, ma facendolo in modo alternativo tramite una comunicazione inversa. Una comunicazione non troppo costruita, dato che il vero intento del suo messaggio risulta chiaro e non criptico.

Utilizza un linguaggio in negativocon delle parole come “non va bene”, ma solo dopo aver elencato tutte le caratteristiche positive che un determinato prodotto della sua collezione ha.

E così, spinge ad acquistare, e l’intento è lo stesso di chi semplicemente vuole vendere il proprio brand. Ma il modo cambia. Perché Clio lo fa in modo sottile ed estremamente intelligente.

Le reazioni del web

Clio MakeUp, che appare così critica e contraria al suo stesso brand, cattura l’attenzione di chi la ascolta, gioca sull’incredulità che le sue parole suscitano, e vince.

Vince perché i numeri lo dimostrano. Infatti, il video pubblicato sul suo canale TikTok , e di conseguenza i suoi prodotti, sono andati virali, generando un forte engagement.

Nello specifico, il video ha totalizzato fino ad ora:

  • 2,3 milioni di visualizzazioni
  • Quasi 283 mila like
  • Oltre 1700 commenti
  • Oltre 2000 ricondivisioni

quasi 29 mila persone hanno salvato il video.

Questi numeri sono la dimostrazione che una comunicazione innovativa, non scontata e non banale come quella della beauty influencer può avere molto successo. E piace agli utenti del web.

Nei commenti, infatti, c’è chi ha riconosciuto la strategia di marketing al contrario attuata da Clio, e si è congratulato con lei.

Mentre altri commenti testimoniano quanto sia vincente ed efficace questa tecnica di vendita.

Tra milioni di visualizzazioni, migliaia di like e commenti positivi verso Clio e i suoi prodotti, è evidente che il marketing al contrario si sia rivelato in questo caso una tattica vincente. Ma come mai il reverse marketing funziona?

Perché funziona il reverse marketing?

Dunque, il reverse marketing – come visto nel caso di Clio Make Up – si allontana dalle tipiche strategie comunicative e di vendita, focalizzandosi sull’attrazione dei clienti in maniera non convenzionale.

Il focus del reverse marketing passa da:

  • vendere prodotti ad uno specifico target“bombardandolo” di incentivi in tal senso, a
  • invogliare le persone ad avvicinarsi genuinamente al brande decidere spontaneamente di acquistare tramite una comunicazione inversa.

Dunque, il reverse marketing non usa tecniche pubblicitarie classiche e, talvolta, “forzate” per convincere i consumatori a spendere. Anzi li allontana dall’idea di essere semplicemente dei potenziali acquirenti, o dalla paura di ritrovarsi dinanzi alla mera descrizione di un prossimo prodotto da acquistare, sebbene l’intento sia il medesimo del marketing tradizionale: vendere.

Com’è possibile riuscirci? Grazie ad un espediente, quello della psicologia inversa.

La psicologia inversa e il principio della ‘reattanza’

La psicologia inversa, o “reverse psychology” in inglese, è un meccanismo psicologico mediante il quale si induce qualcuno a fare qualcosa che noi desidereremmo che facesse, ma in modo non esplicito. Piuttosto, all’inverso.

Si finge di non volere che si facesse quella determinata cosa, proibendola e vietandola.

Tale strategia funziona, perché si regge sul principio della ‘reattanza’ psicologica: tendenza umana a reagire in modo opposto a quanto richiesto da altri o dal contesto. Si tratta di un concetto approfondito dai due studiosi Sanders e Pennebaker nel 1976.

Spinte da un meccanismo di autodifesa, le persone infatti sono più attratte da ciò che è vietato, e faticano a rispettare divieti e proibizioni. Così – dinanzi ad uno di loro -si scatena il desiderio spontaneo di fare l’esatto opposto.

In questi casi, la mente umana si trova ad opporre una resistenza psicologica intrinseca, che viene sfruttata dai brand a loro vantaggio.

Ecco perché si tratta di un escamotage, quello della psicologia inversa, ormai utilizzato da diverse realtà imprenditoriali, che hanno ben compreso l’impatto che una strategia del genere può suscitare nella psiche delle persone.

E le campagne pubblicitarie di Patagonia e di Takis ne sono la prova.

Patagonia e Takis: quando il reverse marketing parte da un divieto

Patagonia: “Don’t buy this jacket”

In occasione del Black Friday, nel 2011 Patagonia ha attuato una campagna di reverse marketing offlinemediante un’ inserzione pubblicitaria sul New York Times che invitata apertamente i clienti a non comprare la giacca mostrata nell’annuncio. Il tutto, mediante un headline ben evidente e di grande impatto.

copyright: marketing-espresso

L’intento del brand era quello di sensibilizzare le persone riguardo ai comportamenti consumistici, per sottolineare la vision aziendaleridurre i danni ambientali, incoraggiando il proprio target a pensare prima di acquistare per limitare i consumi.

Ma ovviamente, la campagna ha suscitato l’interesse del pubblico e ha fatto parlare di sé, con una Call To Action tutta al negativo che ha portato in realtà i clienti a comprare, e Patagonia a vendere. Infatti, la comunicazione “ecologica” e al contrario di Patagonia ha portato ad un aumento del 30% delle vendite di quella giacca.

I risultati strabilianti raggiunti dimostrano la veridicità del principio di reattanza, e quanto l’idea di non fare una determinata cosa nella psicologia umana porti come conseguenza esattamente l’opposto.

Dicendo, infatti, di NON comprare, Patagonia fa lavorare la resistenza psicologica a suo favore.

Takis: “Don’t eat Takis”

Nel 2018 Takis, il famoso marchio di patatine e snack piccanti, ha ideato una strategia di comunicazione inversa per entrare in un mercato nuovo e inesplorato. Infatti, se aveva una brand awareness molto forte negli Stati Uniti e in Messico, non si poteva dire lo stesso del Canada, dove Takis risultava essere sconosciuto.

Così una campagna di street marketing, per promuovere i prodotti presenti per la prima volta nel mercato canadese, ha lasciato il segno: proprio grazie all’utilizzo della psicologia inversa.

Questa strategia di reverse marketing catturava i tipici prodotti del brand, le tortillas piccanti, sovrastrate dal titolo “Don’t eat Takis“.

La campagna di reverse marketing in strada di Takis in Canada
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Come spiega Heather Crees, SVP Marketing di Canada Bread – che gestisce Takis – ,

“In un contesto in cui tutti si contendono l’attenzione dei consumatori, dovevamo creare un messaggio che fosse forte e di impatto, e che portasse le persone a chiedersi: “Cosa sono i Takis?”. “

Dice invece Anne-Claude Chénier, Vice President e Creative Advertising:

“E’ attraverso il messaggio di non mangiare le Takis, che il marchio trasmette le caratteristiche dei suoi gusti forti e piccanti. Troppo piccanti. Troppo croccanti. Troppo intensi. Di proposito non giochiamo seguendo le regole tradizionali del marketing. Come mai? Le persone qui non hanno mai visto patatine così intese, quindi è il nostro dovere avvertirle.”

Inoltre, a seguito del lancio della campagna, Takis ha reso la pagina instagram del brand privata, nel tentativo di scoraggiare gli utenti dal seguirla. E ovviamente, l’azione ha avuto l’effetto opposto.

I risultati ottenuti?

  • La brand awareness di Takis è aumentata del 50% a sei mesi dal lancio della campagna
  • Aumento del 244% delle vendite
  • Takis è entrata al secondo posto tra i snack canadesi preferiti dalle persone

I giovani adulti, il target scelto dal brand e al quale si rivolge, adorano Takis, e a tal proposito questo si legge sul sito web di Cossette, agenzia di comunicazione che si è occupata della strategia pubblicitaria di Takis:

“Il modo migliore per portare un gruppo di giovani adulti a fare qualcosa, è dicendo loro di non farlo. Semplice psicologia inversa. Abbiamo detto ai giovani adulti di non mangiare Takis – in tv, su internet, in radio e per strada.”
Takis e i giovani adulti come target del brand
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Conclusione: “Non pensare ad un elefante”

In conclusione, il reverse marketing si rivela oggi, sempre più, una strategia di Unconventional Marketing vincente per incuriosire e spingere ad acquistaresenza un invito diretto a farlo. Anzi, spesso proprio tramite un invito diretto a NON farlo.

D’altronde, il principio del “Non pensare ad un elefante”elaborato da George Lakoff, ne è la prova: nel momento in cui il destinatario riceve questo messaggiosi troverà a disobbedire involontariamente, perché è impossibile non raffigurarsi un elefante nel momento in cui viene evocato dalle parole, anche se quest’ultime contengono l’esplicito invito a non farlo.

Ecco perché adesso ti consiglio assolutamente di NON LEGGERE QUESTO ARTICOLO! Ops…forse avrei dovuto scriverlo all’inizio!

Libro "Non pensare ad un elefante!", bestseller di George Lakoff

Fonte: marketing-espresso.com

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